Il tema della flessibilità riguardo l’età per andare in pensione ormai si sta facendo largo anche tra le file della maggioranza di Governo, inizialmente titubante ad una serie di provvedimenti che potessero pesare sui conti dello Stato. Ma la nuova ipotesi di flessibilità messa in campo dall’Esecutivo sembra proprio non piacere ai sindacati che hanno lanciato l’allarme sottolineando come le cosiddette penalizzazioni sull’importo pensionistico possano gravare eccessivamente sugli assegni che i futuri pensionati riceveranno nel prossimo futuro. E’ la Uil, in particolare, ad aver esaminato i primi numeri resi noti dal Governo.
Il meccanismo attraverso il quale verranno attuate le decurtazioni non piace ai vertici sindacali. In sostanza a finire sotto la lente di ingrandimento è l’anticipo di tre anni rispetto all’accesso alla pensione “normale” attraverso la formula del prestito realizzato da un istituto di credito con cui a fare da garanzia è lo Stato che verrà poi pagato dal pensionato con una rata che decurterà l’importo pensionistico. Avanzando l’ipotesi di un’indicizzazione per ad un punto percentuale, applicato per ogni anno con un tasso di interesse pari a tre punti percentuali e mezzo, un lavoratore che accettasse di accedere in anticipo alla pensione con un importo pari a mille euro, vedrebbe il proprio assegno pensionistico decurtato dei quasi sette punti percentuali (6,9% con esattezza).
Una somma che moltiplicata per un anno, sarebbe pari ad un importo mensile in meno. Insomma con la proposta realizzata dal Governo chi si trova nelle condizioni descritte dal sindacato, perde una somma pari ad un mese di pensione, per effetto della rata che si dovrà corrispondere all’istituto di credito. La decurtazione crescerebbe ulteriormente con l’aumento dell’anticipo deciso dal lavoratore al momento di andare in pensione. Insomma, a detta del l’Unione Lavoratori Italiani, si tratterebbe di un peso davvero eccessivamente gravoso che graverà sui pensionati nel prossimo futuro.