Riportando le parole della legge, i depositi iva sono “speciali depositi fiscali per la custodia di beni nazionali e comunitari che non siano destinati alla vendita al minuto nei locali dei depositi medesimi”. In parole più semplici i depositi fiscali a fini Iva sono dei veri e propri depositi in cui vengono custoditi beni, che possono essere stati acquistati in Italia, all’interno dell’Unione Europea, oppure provenire da paesi extracomunitari, e che hanno già scontato i dazi doganali e sono quindi pronti per essere messi in libera circolazione sul mercato comunitario. Possono rientrare nella categoria dei depositi iva anche i depositi doganali, a patto che venga trasmessa all’Ufficio doganale competente una specifica comunicazione, contenente anche le indicazioni relative alle procedure da seguire per la determinazione dei beni custoditi e che rispondono a regimi diversi.
Durante il periodo di permanenza delle merci all’interno del deposito viene a meno un requisito indispensabile per l’esigibilità dell’iva e di conseguenza, i beni non scontano l’imposta durante tutto il loro periodo di permanenza all’interno del deposito stesso. La principale funzione per cui sono stati creati questi depositi è quella di agevolare il commercio tra Paesi europei e quindi quella di facilitare gli scambi all’interno della comunità europea.
Stando alla legge, i soggetti abilitati alla gestione dei depositi Iva sono i seguenti:
– Le imprese esercenti magazzini generali con apposita autorizzazione doganale
– Le imprese esercenti depositi franchi o le imprese che operano nei punti franchi
– I depositi fiscali per i beni soggetti ad accisa
– I depositi doganali, inclusi quelli per la custodia e la lavorazione delle lane, di cui al Dm 28 Novembre 1934.
Chi lo desidera, può fare richiesta per ottenere un’autorizzazione per i depositi iva al direttore regionale competente, che deciderà se concedere o meno l’autorizzazione entro 180 giorni dalla presentazione della domanda.